La BESTEMMIA Secondo ELIA
La Bestemmia. Posso garantire che è una cosa che mi ha sempre affascinato. Si affascinato. Per molteplici motivi. Primo fra tutti perché, in un paese cattolico come il nostro, da un'inchiesta risulta che l'87% delle persone BESTEMMIA! E’ stupefacente.
Personalmente non sono un gran bestemmiatore (o forse si… nooooo). Sono cresciuto in una famiglia nella quale mai si è bestemmiato dentro le mura domestiche e mai mi sono permesso di farlo. Però ci sono situazioni e luoghi in cui ci sta bene. Quando sono veramente incazzato, un bel p#rc# dio non fa che rafforzare la mia incazzatura; quando qualcuno racconta qualcosa di sconvolgente un bel dio c#n rafforza in maniera più che convincente lo stupore.
Ci sono poi le situazioni ad hoc. Ad esempio l’ubriaco di turno nel bar di paese ci risulta quasi oltraggioso se non infarcisce il suo turpiloquio con delle bestemmie. Primo perché sarebbero le uniche parole comprensibili e poi gli sono fra l’altro necessarie nella sintassi, come punteggiatura e per meglio organizzare i pensieri offuscati dai fumi dell’alcool.
Non sono sicuro ma già da questi esempi si evince quale idea di fondo accompagni il mio ragionamento: non è la bestemmia in se che va condannata ma ciò che sta dietro alla bestemmia.
E’ divenuta un intercalare così diffuso che lo si accetta passivamente. Per qualche genitore, persino, è divenuto sintomo di crescita, di maturazione dei propri figli. E si fa a gara a chi bestemmia di più, a chi trova le espressioni più blasfeme, che si pubblicizzano ora anche nei siti internet.
Non bisogna abusare della bestemmia, utilizzarla con grano salis perché alla fine è come una droga pesante (e sottolineo pesante) che porta alla dipendenza: bisogna farne un uso intelligente per non venirne sopraffatti. Una droga strana perché non lascia postumi su di noi quanto sugli altri. Va a toccare le sensibilità. Si insulta il dio in cui credono milioni di persone, non è una cosa da poco. Quindi, come è preferibile non proiettare film porno sui megaschermi pubblicitari nelle città, non bisogna bestemmiare dove si potrebbe offendere qualcuno. E ci vuol poco a capire quando è meglio non bestemmiare. E’ una questione di stile, o meglio, di grazia, nel senso più puro della parola.
Ci sono poi le situazioni ad hoc. Ad esempio l’ubriaco di turno nel bar di paese ci risulta quasi oltraggioso se non infarcisce il suo turpiloquio con delle bestemmie. Primo perché sarebbero le uniche parole comprensibili e poi gli sono fra l’altro necessarie nella sintassi, come punteggiatura e per meglio organizzare i pensieri offuscati dai fumi dell’alcool.
Non sono sicuro ma già da questi esempi si evince quale idea di fondo accompagni il mio ragionamento: non è la bestemmia in se che va condannata ma ciò che sta dietro alla bestemmia.
E’ divenuta un intercalare così diffuso che lo si accetta passivamente. Per qualche genitore, persino, è divenuto sintomo di crescita, di maturazione dei propri figli. E si fa a gara a chi bestemmia di più, a chi trova le espressioni più blasfeme, che si pubblicizzano ora anche nei siti internet.
Non bisogna abusare della bestemmia, utilizzarla con grano salis perché alla fine è come una droga pesante (e sottolineo pesante) che porta alla dipendenza: bisogna farne un uso intelligente per non venirne sopraffatti. Una droga strana perché non lascia postumi su di noi quanto sugli altri. Va a toccare le sensibilità. Si insulta il dio in cui credono milioni di persone, non è una cosa da poco. Quindi, come è preferibile non proiettare film porno sui megaschermi pubblicitari nelle città, non bisogna bestemmiare dove si potrebbe offendere qualcuno. E ci vuol poco a capire quando è meglio non bestemmiare. E’ una questione di stile, o meglio, di grazia, nel senso più puro della parola.
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